IL LUNGO CAMMINO DEI SERAFINI
Nell'immagine a fianco: un Serafino con le sue sei ali Questo articolo svilupperà il sovrapporsi di significati diversi che possiede la radice ebraica Shin Resh Peh שרף. Essi sono principalmente quattro:
1) Saraf è il verbo indicante “bruciare”. 2) Saraf è il nome al singolare dell’angelo Serafino (plurale Serafini). Il legame sta nel fatto che gli angeli sono creature fatte di fuoco puro. I Serafini sono tra gli ordini angelici più elevati. 3) Saraf è il nome di un serpente veleno, probabilmente per il senso di bruciore che il suo morso causa. 4) Saraf è il nome della linfa che circola negli alberi. Si noti come tutte queste parole sono scritte con le stesse identiche lettere nello stesso identico ordine. In un testo dove questa parola apparisse, non si potrebbe sapere quale dei quattro significati sarebbe corretto, se non facendo riferimento al contesto nel quale è scritta. |
I Serafini (serafim) appartengono ad una categoria di Angeli (etimologicamente, “Coloro che bruciano”). Sono figure in sembianze umane, munite di sei ali. Compaiono solo e soltanto in un brano di Isaia: “al di sopra (mima’al) di Lui, stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali” (Is. 6,2). In Isaia, questi esseri alati sono posti “sopra” il trono di D-o e proclamano l’un l’altro (Is. 6, 3):
“Qadosh, Qadosh Qadosh Adonai Tzevaot” “Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! ”
In virtù della loro posizione, sono i cavalieri (parashim) di D-o, i portatori della sua gloria (kavod) laddove più necessita, nel cuore (lev) dell’umanità. Il viaggio dei Serafini li porta anche molto al di sotto del regno umano. La necessità del viaggio dei Serafini sgorga dall’esistenza di creature di smisurato potere negativo, presenti nel mondo del male, l’abisso della psiche umana, noto come Sheol. Tali “mostri” tendono ad estendere il loro potere oltre ogni confine, e minacciano l'esistenza stessa del creato, cercando di riportarlo a Tohu, cioè allo stato totalmente confuso ed indifferenziato. La missione dei Serafini, che in qualità di angeli sono sempre e soltanto dei messaggeri, è di contenere l’espandersi di queste forze infere, riportandole al volere di D-o. Per compiere un viaggio che li porterà così lontano dalla loro origine celeste, i Serafini diventano dei “serpenti” velenosi.
Le creature mostruose che minacciano l’esistenza del creato sono principalmente tre, una di aria, una d’acqua e una di terra. La creatura gigantesca dell’aria si chiama ZIZ SADDAI זז שדי ed è un uccello di dimensioni enormi. Il mito racconta che in volo esso possa oscurare il sole. Non è difficile vedere in queste descrizioni leggendarie i residui di antiche memorie, che testimoniano l’esistenza di animali preistorici, giganteschi, come i pteriodattili. Il nome di quest’uccello ha due parti: ZIZ SADDAI. Ziz è Zain – Zain. ZIZ è muoversi, “zaz” è tutto ciò che si muove. Questa semplice radice di due lettere, è una Zain ripetuta. Nel Libro della Formazione, la Zain è la lettera del senso dell’andare, quindi zaz è il trionfo della mobilità. Saddai (Shin Dalet Yud) viene dalla radice indicante “potenza”, Shin Dalet. Unita alla Yud, questa radice forma la parola “Shadday”, “Onnipotente”, uno dei più importanti Nomi di D-o. Da sole tuttavia, quelle due lettere, indicano ogni tipo di potenza, anche quelle non provenienti dalla parte della Luce. Ad esempio, “shed” è “spettro”. Nella Bibbia il Ziz Saddai è menzionato due sole volte: Salmo 50, 11 e Salmo 80, 14.
La creatura mostruosa che vive sulla terra si chiama BEHEMOT בהמות. Anch’esso è citato nei salmi di Davide. Il singolare, BEHEMAH, “bestia”, non ha un significato negativo. Al plurale è invece un enorme pericolo per l’umanità, per tutta la creazione. Inteso come animale moderno è l’ippopotamo. Ma nel midrash corrisponde ai giganteschi dinosauri. Contrariamente agli altri due mostri, è erbivoro ma è altrettanto vorace. Si dice che potrebbe mangiarsi tutta la vegetazione e rendere la terra un unico grande deserto.
Dal punto di vista simbolico, lo ZIZ SADDAI è ogni cosa capace di oscurare la mente, con le sue ali oscura il sole, limita la potenza dell’intelletto. Nota il rapporto con zizzania, nel senso di “litigio”. E’ l’eccesso di razionalità, è il prevalere della mente filosofica su ogni altra valenza umana. Il BEHEMOT classico ha invece una fame insaziabile di cose fisiche. È una passione sfrenata e smodata per ogni bene fisico di questo mondo, denaro, lusso, piaceri, appagamenti del corpo.
In Numeri 21, 9, serpente è scritto Nachash נ ח ש , Nun Cheit Shin. Si noti questo interessante fenomeno numerico: la differenza tra le ghematrie di saraf 580 e nachash 358 è 222, che corrisponde alla parola berakh “benedire”. I Serafini, divenuti nel mondo intermediari di D-o, hanno un potere salvifico attraverso la sua parola, di cui sono portatori. La parola di D-o giunge alla creature malefiche attraverso una benedizione. 222 è anche “rakhav”, “cavalcare”, la radice che indica il viaggio sul Cocchio Celeste. Ciò sottolinea come un viaggio mistico possa contenere anche fasi di discesa nei mondi inferiori, come fanno i Serafini. Particolarmente gravoso è il compito di entrare nello Sheol, e la trasformazione dei Serafini non è senza pena. Durante il viaggio di andata verso gli inferi, essi si spogliano della natura angelica e si rendono simili alle creature del male, diventando dei serpenti, per poter svolgere la loro missione di comunicare la parola di D-o anche a coloro che stanno nei luoghi più bassi. Compiuta la loro missione non possono, però, riacquistare istantaneamente la loro forma originaria e tornare al loro luogo di appartenenza, “al sopra del trono”, a proclamare la gloria di D-o, se non tramite un modo molto ingegnoso. Per poter scendere in basso, la loro trasformazione è vera e totale. Ecco il perché ciò non può essere capovolto istantaneamente.
Qualche osservazione sul simbolismo dell’albero.
1) Nella tradizione ebraica quando nasce un bambino si usa piantare un albero. A tempo debito, i rami di quello stesso albero serviranno per costruire la chuppà, cioè il suo baldacchino nuziale.
2) La riflessione sulla natura dell’uomo: l’uomo come creatura è una specie di albero rovesciato (con le radici in alto). Questa identità simbolica propone una riflessione sulle origini dell’uomo, sulla sua dipendenza dall’alto nelle risorse naturali e spirituali, sulla sua potenzialità produttiva di frutti buoni e utili, sulla sua forza e sulla sua debolezza, sul suo destino. La responsabilità: la storia dell’umanità in questo mondo comincia dalla colpa di Adamo ed Eva, che mangiano un frutto proibito. Mangiare ritualmente della frutta, con atteggiamento meditativo e benedicente, fa parte di un processo di presa di coscienza di responsabilità e di riparazione.
3) “Se stai piantando un albero e ti dicono che è arrivato il Messia, prima finisci di piantare l’albero e poi vai ad accogliere il messia”. Ciò dice quanto sia veramente importante la presenza degli alberi nel creato.
4) Tu be Shvat è una festività molto amata dai bambini ed in Israele si vedono intere scolaresche armate di picconi in miniatura che eccitati mettono a dimora nella terra ciascuno il suo alberello.
5) Ma si usa anche mangiare un frutto “nuovo” e si fa il Seder Tu Bi-Shevat, una sorta di pasto a base di frutta, durante il cui svolgimento, così come si fa nel più noto Seder di Pesach, si leggono brani della tradizione e si recitano particolari preghiere.
Ora, come visto, la risalita dei Serafini avviene all’interno delle piante, e termina nei fiori e nei frutti. Il trionfo dei loro profumi, colori e sapori, è già di per se il momento nel quale essi tornano a riunirsi ai cori angelici. Infatti, tale bellezza è sicuramente un canto di lode. Ma c’è un’altra via. Ed è attraverso la persona consapevole che si ciba, benedicendoli, dei frutti. Le scintille angeliche in essi si uniscono così alla specie umana, realizzando un connubio di ardite proporzioni e dimensioni. L’uomo diventa simile ad un angelo, e l’angelo, che è energia divina, si “incarna”.