COS'É L'IDOLATRIA?
Dal Salmo 115 (3-8):
“I loro idoli sono argento ed oro, opera delle mani di uomo
Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono
Hanno orecchie e non ascoltano, hanno il naso ma non odorano
Hanno le mani ma non toccano, gambe ma non vanno, non c’è voce nelle loro gole
Come loro siano coloro che li fanno, colui che si sente sicuro in essi”
Negli ultimi anni, insieme ad uno straordinario e rapido diffondersi della sapienza cabalistica in Occidente, nasce in molti la consapevolezza dell’esistenza dei Sette Precetti Universali. Ebbene, uno di essi domanda l’astenersi dal servire idoli. É perciò una richiesta fatta ad ogni uomo e donna nel mondo. Diventa sempre più importante capire questo precetto nella gamma dei suoi significati anche interiori. Ad esempio, in una lezione di un anno fa, rav Yitzchak Ginsburgh ha detto che per comprendere in che cosa consista esattamente l’idolatria, sarebbe indispensabile l’ampiezza d’animo che solo studiare l’intera Cabalà ebraica può dare.
L’opinione di Leitiel Leitiel è che già il leggere e rileggere la traduzione italiana di quei cinque versi è potente abbastanza da aprire gli occhi su tutta una vasta serie di falsità che si sentono ripetere ovunque, un po’ da tutti. Argento (denaro) e Oro (ricchezze straordinarie) sono in prima linea come falsi dei. Poi ci sono tutte le parole dette dal Leviatano decaduto e dai suoi servi. Poi’è tutto quello che gli occhi delle sue spie ricevono e poi trasmettono. Anche tutte queste “informazioni” sono idoli. Si pensi che la parola ebraica usata in questo Salmo: atzabim, significa anche “nervi, essere nervosi”. Certo, con lo stress che la vita idolatrica comporta c’è aspettarsi anche peggio del nervosismo! Qualcosa di meglio è solo per chi abbraccia il modello del kilbit.
L’orecchio che non ascolta è quello abituatosi alla musica spazzatura, Perdere l'udito è anche l'effetto della "musica spazzatura". Siamo così attenti a tenerci lontani dai cibi spazzatura, che sarebbe opportuno diventarlo anche da certi tipi di musica. Che non suoni un giudizio, per carità, è solo una sensazione di pelle, prima ancora di andare a leggere i suoi "ingredienti". Scegliere le melodie che si desidera ascoltare è un po' come nutrire l'anima, si cercano messaggi di vita e di sapienza, sguardi su di un futuro di piaceri messianici, e non incubi ed allucinazioni.
Ridare l’olfatto al naso sarà il miracolo che la nuova aromaterapia mistica inizia a fare. "Nardo e zafferano.. Franchincenso e Mirra, e tutti i migliori tra i balsami" (Cantico 4, 14)
Poi il Salmo 115 arriva al suo culmine nel descrivere il fenomeno "idoli": “Non c’è voce nella loro gola”. Questo è forse il livello peggiore ai quali gli idoli possano scendere: perdere la qualità principale degli esseri umani, che è la parola. In ebraico, il mondo umano, il quarto dei mondi naturali, si chiama “parlante”. Gli idoli scendono sotto. Il piano più basso, il mondo minerale, è chiamato “muto”.
Infine, abbiamo una buona occasione per fare un tikkun nelle pretese che a volte ci fanno credere di essere giudici giusti ma severi, per poterci così vendicare dei torti subiti, là dove il verso dice:
"Come loro siano יהיו coloro che li fanno"
"Come loro saranno יהיו coloro che li fanno"
La parola-chiave è יהיו yhyù "siano", ma che significa ancora più correttamente "saranno". Quindi non è una prospettiva sfortunata che si augura a chi nutre le sue allucinazioni idolatriche, ma è descrizione precisa di ciò che sta avvenendo, è il loro futuro. Non è un giudizio, non è una condanna, tanto meno una maledizione, D-o proibisca! Descrive soltanto una realtà, triste, di assimilazione tra i vuoti modelli idolatrici e coloro che li seguono. Si finisce per diventare simili a ciò che si venera di più. Il verso spiega come stiano andando le cose, e il rischio che corre “colui che si sente sicuro in essi”.
E dov'è la parte della Hamtaqà, Addolcimento? Provate a meditare sulle quattro lettere di yhyù, con permutazioni e sostituzioni, e ghematria. Questo è il Nome che guida il tikkun dall'idolatria.
Articolo di Nadav Hadar, Mevasseret Tzion, seconda candela di Chanukhà 5779
Abramo rompe gli idoli che il padre di lui, Terach, aveva costruito (illustrazione tratta da una Haggadà della Moravia, circa 1937)