oneg-nega



trasformiamo davvero ogni nega in oneg, ma non nei piaceri dei palazzi di Babilonia.


Piacere- piaga  e  piaga-piacere

Ancora sul passaggio Oneg Nega e viceversa

 


   Il Sefer Yetzirà, Libro della Formazione, è il primo a porre l’attenzione sul peculiare fenomeno di similitudine tra queste due parole:


Oneg = Ain Nun Ghimel     ענג
Nega = Nun Ghimel Ain    נגע

Così si esprime il Libro della Formazione:

“Non c’è nel bene nulla al di sopra dell’oneg (piacere) e non c’è nel male nulla al di sotto del nega (piaga)”

Pur avendo due significati completamente opposti, il secondo termine viene ottenuto semplicemente per permutazione, prendendo la prima lettera, la Ain di oneg, e spostandola all’ultimo posto, lasciando le altre due invariate.  Il termine oneg, "piacere", come sostantivo, privo di prefissi e sufissi, compare solo due volte in tutta la Bibbia ebraica, entrambe nel profeta Isaia (13, 22  e  58, 13). Il primo è questo:


“tannim be heikhalei oneg” = “coyotes nei palazzi del piacere”

 Il contesto del capitolo 13, al quale appartiene questo verso, è la descrizione della caduta di Babilonia: 


“la gloria di tutti i regni, l’orgoglio dei Caldei, sarà come quando D-o capovolse Sodoma e Gomorra.”

            Ciò significa che quei palazzi fastosi dove si svolgevano feste e banchetti, dove la gente si inebriava coi più raffinati tra i piaceri sensuali, diventeranno luoghi desolati, nei quali si aggirano i tannim (specie di cani selvatici molto frequenti in Medio Oriente), dal noto ululato. Traducendo la metafora, ciò significa che i piaceri goduti nel mondo dell’edonismo babilonese, tutt’oggi molto in voga, non portano da nessuna parte e crollano su se stessi. Le risa e i gemiti di piacere diventano rapidamente null’altro se non grida disperate di cani selvatici.

il secondo verso è questo:
“ve-qarata la shabbat oneg” = “e chiamerai lo Shabbat piacere”


        Il contesto nel quale appera il termine Piacere, quello del capitolo 58, è la descrizione delle gioie appartenenti alla santità dello Shabbat. Il ”piacere dello Shabbat” è un concetto che viene ripreso nella mistica ebraica, dove si sottolinea la simultaneità di due tipi di piaceri dello Shabbat, superiore ed inferiore. È infatti caratteristico di questo giorno santo il fatto di aprire la sensibilità della persona sia alle dolcezze provenienti dal mondo fisico, se colte e vissute col giusto atteggiamento, che all'estasi e al piacere beatifico del mondo spirituale. Nella Cabalà ativa, questo aspetto fa parte del Quarto Palazzo incontrato durante il viaggio sulla Merkavà, quello del Merito (Zekhut).

          Ora studiamo la parola “nega”, termine che compare invece molte volte in tutto il Tanakh, coi significati di:


   -    “toccare”    (come l’angelo che tocca l’anca di Giacobbe alla fine della loro lotta, ma anche ogni forma di contatto fisico)

   -    “piaga”       (come nel caso della morte dei primogeniti, l’ultima delle dieci piaghe egiziane)

   -    “malattia”    (soprattutto lebbra).

          Molto semplicemente, il primo tipo di piacere, quello dei palazzi di Babilonia, è quello dell’edonismo dominante nella società contemporanea. Piaceri fisici o soddisfazioni egoiche e basta. Tutto ciò è destinato inesorabilmente a decadere nel suo opposto, nella piaga, anche durante la stessa vita della persona. Ad esempio, è facile immaginare la piaga che rischia chi ha troppa passione per le bevande alcoliche, per via del piacere che ne trae. La piaga lo potrà colpire nello stomaco, o nel fegato, o peggio ancora nella testa.  Altre persone, dedite all’afferrare i piaceri sessuali, procurandoseli coi classici strumenti della seduzione, rischiano di non imparere a sviluppare le dimensioni più sottili e rispettose dei rapporti interpersonali. Nel peggiore dei casi, gli abitanti della Babilonia attuale, si ritroveranno soli ed abbandonati, senza la preparazione nè la consapevolezza necessaria a gestirsi tale solitudine. I piaceri precedenti si capovolgeranno nel disagio di una solitudine male accettata, possibile causa di malanni fisici, D-o non voglia!

           Ed ora il capovolgimento. Tutto ciò è solo in apparenza negativo e distruttivo, ma in realtà fa parte integrante del progetto della Divina Provvidenza. Infatti Edom, così si chiama in codice il modo di vita edonistico del mondo occidentale, è sede di una grande luce, prigioniera però di spessi strati di bucce e gusci, le Qlipot. Pur essendo due dimensioni differenti, in questo articolo parliamo di Edom e di Babilonia come pressochè equivalenti, anche se Edom è una realtà molto più vasta e complessa. Per poter liberare la Luce nascosta in essi, è necessario colpire ed aprire questi gusci. Fu il caso dell’Antico Egitto, l’Occidente di allora, il luogo dove i Bnei Israel erano prigionieri in schiavitù. Le dieci Piaghe (in ebraico Makot, letteralmente “botte”) servirono a spezzare i gusci di ognuna delle dieci Sefirot (Luci) e così a liberarle. La più grave di tutte le piaghe, quella dei Primogeniti, è chiamata “nega” (Esodo cap. 11, vv 1). Chi volesse approfondire questo argomento, può farlo leggendo questo breve articolo di Nadav Crivelli:
 Le dieci piaghe d’Egitto.

          Come detto, tutti gli oneg del mondo edonistico, dove ognuno ricerca il proprio piacere e basta, senza più regole nè autenticità, decadono inesorabilmente in nega. Ma queste piaghe non sono le punizioni infierite da un ipotetico D-o assetato di vendetta, bensì sono il “tocco”, o i colpi inferti dalla Suprema Intelligenza presente nel Segreto della Vita. Essa vuole liberare i propri tesori nascosti, ed offrirli al cammino dell’evoluzione umana. Edom ha i giorni contati. Non finirà, ma le sue klipot si spezzeranno e la grande luce in esse contenuta si unirà a quella di Israel. Israele è la comunità universale vivente, composta da tutti coloro al mondo che sanno “lottare con la propria parte divina”. Occorre lottare con essa non per sovraffarla, bensì per misurarsi con le proprie potenzialità divine, e con la propria prontezza e capacità ad assumerle ed utilizzarle.

         Dalla parte opposta, esiste un oneg, un piacere, che non solo non decade nel suo opposto, nella piaga o nega, bensì ne diventa una cura e una terapia. Ecco l’oneg Shabbat. Il piacere della celebrazione di quel riposo che solo la Santità sa ispirare. Possiamo intenderlo in un senso più allargato, tenendo presente che dell’oneg shabbat fanno parte anche molti piaceri di per sé fisici, come il mangiar bene, il bere vino, il fare l’amore, il giocare, rilassarsi, dormire. Quando vissuti nella consapevolezza speciale ed unica della Santità intrinseca in ognuno di questi atti, essi sono fonte di piacere beatifico e terapeutico.

       "Santità" significa: piena consapevolezza della radice divina presente in quei momenti, in quegli atti, in quei gesti, in quelle sensazioni. Sono piaceri che non si possono rubare o prendere con la sola determinazione dell’ego. Essi vanno meritati. Il merito si acquisisce ricercandoli nella purezza delle intenzioni, e nel rispetto delle regole etiche, e in quelle dettate dal senso di equilibrio e moderazione. Il Merito si acquisisce inoltre dallo studio dell’interiorità delle Sacre Scritture, le uniche capaci di rettificare la consapevolezza umana. Il piacere dello Shabbat nasce da un senso di pienezza, di appagamento, di serenità umana e spirituale. Ciò è ben diverso dalla sete esistenziale che trascina le persone alle varie forme di autodistruzione che l’edonismo dichiara essere invece delle soddisfazioni. I desideri, le nostalgie, le ansie, le carenze degli esseri umani, hanno tutte una sola Fonte capace di soddisfarle: la parte Divina della nostra consapevolezza. Se non si scopre ed accetta ciò, se non ci si orienta in tale direzione, ogni loro soddisfazione e conseguente piacere sono destinati ad aumentare ulteriormente la sete e l’insoddisfazione. Auguriamo a tutti di trovare e di fare esperienza del proprio “oneg shabbat”, “godimento dello Shabbat”, sia come piacere in se stesso, capace di unire anima e corpo, sia come medicina terapeutica per ogni tipo di nega, negatività.

 

il dipinto agli inizi della pagina è di Jim Thomson

the painting on the top of the page is by Jim Thomson

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